San Camillo di Roma: un intervento robotico preserva organi danneggiati da cesareo

Una giovane madre riacquista la normalità grazie a un intervento di chirurgia robotica complesso, risolvendo complicazioni gravi dopo un parto cesareo a Roma.

Una donna trentenne, madre di due figli, ha ritrovato la sua vita normale grazie a un intervento di chirurgia robotica altamente complesso, avvenuto il 7 maggio 2025 presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma. L’intervento, condotto dall’équipe di Chirurgia Urologica sotto la direzione del dottor Paolo Emiliozzi, ha risolto un caso che era stato considerato “al limite dell’inoperabilità” da diversi specialisti.

Inizio della vicenda

La vicenda ha avuto inizio in un altro ospedale della capitale, dove la donna era stata ricoverata per un parto cesareo programmato. Durante l’operazione, eseguita in anestesia peridurale, si sono verificate gravi complicazioni. La paziente, dopo essere stata sedata d’urgenza, si è risvegliata in Terapia Intensiva con uno stato settico, e con due tubi di drenaggio per le urine che fuoriuscivano dal fianco. L’analisi TAC ha rivelato un danno significativo agli ureteri, i delicati canali che collegano i reni alla vescica, e ha mostrato una pelvi compromessa, in cui si erano fusi utero, vescica e vagina a causa dell’intervento.

Intervento chirurgico robotico

Dopo tre mesi di sofferenza e senza un piano di cura, la donna ha deciso di rivolgersi all’Azienda Ospedaliera San Camillo. Qui, l’équipe di Urologia, guidata dal dottor Emiliozzi, ha optato per una chirurgia esplorativa robotica. Questa tecnologia, già ben consolidata presso l’ospedale romano, è particolarmente adatta per operare in spazi ristretti con grande precisione. Durante l’intervento, che ha avuto una durata di sei ore, i chirurghi hanno affrontato un’anatomia completamente alterata, con infiammazioni diffuse e aderenze gravi causate dal contatto prolungato degli organi con le urine.

Fasi dell’intervento

La prima fase dell’intervento ha riguardato la ricostruzione dell’utero, grazie alla collaborazione della dottoressa Giovanna Salerno, primaria della Ginecologia e Ostetricia, che ha permesso di riparare e salvare l’organo. Successivamente, il delicato distacco della vescica dalla vagina, i cui tessuti erano fusi, ha richiesto due ore di lavoro meticoloso. Con l’ausilio del robot, è stato possibile ricostruire e riparare i tessuti danneggiati. Inoltre, durante lo stesso intervento, è stato ricollegato l’uretere sinistro alla vescica, mentre il destro, non identificabile a causa delle cicatrici, è rimasto drenato esternamente.

Recupero e risultati

Dopo tre mesi dall’intervento iniziale, la paziente ha ricominciato a urinare spontaneamente. È stato quindi programmato un secondo intervento per recuperare il secondo uretere, con il tratto ancora funzionante mobilizzato e reimpiantato sulla parte superiore della vescica. A sei mesi dall’operazione iniziale, la donna ha potuto rimuovere tutti i drenaggi e ha ripreso una vita normale, senza necessità di ulteriori interventi o terapie.

Commento del dottor Emiliozzi

Il dottor Emiliozzi ha commentato l’operazione, definendola un caso limite che ha richiesto competenze multidisciplinari e l’uso della chirurgia robotica ai massimi livelli. La tecnologia ha permesso di ridurre i movimenti a un sesto rispetto a quelli della mano umana, consentendo di operare in uno spazio anatomico gravemente compromesso e salvando organi vitali. La più grande soddisfazione, ha aggiunto, è stata quella di restituire il sorriso a una giovane madre dopo mesi di sofferenza.

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