Calcio, Yamal e il mistero del polso fasciato: “Scaramanzia o placebo?”

La scaramanzia nello sport: il fisiatra Andrea Bernetti analizza il suo impatto sulle prestazioni atletiche e il ruolo dell’effetto placebo nei calciatori e tennisti.

Il fisiatra Andrea Bernetti ha recentemente discusso l’importanza della scaramanzia nel mondo dello sport, in particolare in riferimento a calciatori come Lamine Yamal e Raphinha, che hanno indossato bende al polso durante la semifinale di Champions League contro l’Inter il 2 maggio 2025. Questi atleti, pur non avendo subito infortuni recenti, hanno sollevato interrogativi sull’uso di tali fasciature. Bernetti, segretario generale della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer), ha commentato come la scaramanzia possa giocare un ruolo significativo nelle prestazioni degli sportivi.

Il ruolo della scaramanzia nello sport

Bernetti ha evidenziato che, nel contesto sportivo, la scaramanzia è una pratica molto diffusa. Ha citato l’esempio di Daniele De Rossi, che indossava una maglietta con maniche di lunghezze diverse, e dei rituali scaramantici del tennista Rafa Nadal. Questi comportamenti, spesso considerati irrazionali, possono influenzare la performance degli atleti. Secondo il fisiatra, è stato dimostrato attraverso studi scientifici che tali gesti ripetitivi possono avere effetti simili a quelli di un effetto placebo.

L’effetto placebo nel contesto sportivo si riferisce al miglioramento delle prestazioni fisiche o al benessere percepito, che deriva dalla convinzione che un trattamento o un intervento, come l’uso di bende, possa essere efficace. Bernetti ha sottolineato che la mente gioca un ruolo cruciale nel determinare le reazioni fisiologiche del corpo. Questo fenomeno è ben documentato in ambito medico e dimostra come le convinzioni possano influenzare il corpo e i suoi processi.

Meccanismi dell’effetto placebo

Bernetti ha spiegato che l’effetto placebo può manifestarsi attraverso diversi meccanismi, uno dei più studiati riguarda il rilascio di neurotrasmettitori che influenzano il sistema nervoso centrale. Questi neurotrasmettitori possono migliorare l’umore, ridurre il dolore e aumentare la motivazione. La convinzione che un intervento sportivo sia benefico può attivare reazioni fisiologiche nel corpo, come la produzione di endorfine, noti come ormoni del benessere.

Queste reazioni non solo migliorano la percezione del dolore, ma possono anche influenzare la motivazione e l’impegno dell’atleta, portando a risultati migliori. Bernetti ha concluso che la mente genera risposte fisiologiche che possono ottimizzare l’attività muscolare, diminuire la sensazione di fatica e accrescere la resistenza. La consapevolezza di questi meccanismi potrebbe aiutare gli atleti a sfruttare al meglio il proprio potenziale, anche attraverso pratiche considerate scaramantiche.

La discussione di Bernetti offre uno spunto interessante sulla connessione tra mente e corpo nello sport, evidenziando l’importanza di considerare anche gli aspetti psicologici e comportamentali delle performance atletiche.

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