Deceduta dopo liposuzione, il chirurgo ai pazienti: “Informatevi”

Il chirurgo plastico Paolo Santanchè analizza il caso di Simonetta Kalfus, deceduta dopo una liposuzione, sottolineando l’importanza di strutture sicure e normative chiare per la chirurgia estetica.

Il chirurgo plastico Paolo Santanchè ha rilasciato un’analisi approfondita sul tragico caso di Simonetta Kalfus, la 62enne deceduta a Ostia martedì 18 marzo 2025, dopo un intervento di liposuzione. Santanchè ha sottolineato l’importanza di attendere l’esito delle indagini prima di formulare qualsiasi accusa, evidenziando la necessità di garantire maggiore chiarezza riguardo alle strutture in cui vengono effettuati questi interventi.

Il caso di Simonetta kalfus

Simonetta Kalfus ha perso la vita a causa di complicanze insorte dopo un intervento di chirurgia estetica. Santanchè ha dichiarato che le informazioni attualmente disponibili sono confuse e che solo l’autopsia potrà fornire chiarezza sulle cause del decesso. “La liposuzione, come qualsiasi intervento di chirurgia estetica, deve essere eseguita in strutture adeguate”, ha affermato il chirurgo, sottolineando l’importanza di un ambiente sicuro e conforme agli standard.

Secondo Santanchè, è fondamentale che i pazienti si sottopongano a interventi chirurgici solo in strutture che rispettano le normative sanitarie. “Una sala operatoria a norma garantisce aria filtrata, anestesia totale e adeguate strutture per la rianimazione”, ha spiegato. La sicurezza dei pazienti deve essere una priorità e ogni intervento deve essere pianificato con attenzione.

Normative e sicurezza nelle strutture sanitarie

Santanchè ha messo in evidenza la disparità delle normative sanitarie tra le diverse regioni italiane. In Lombardia, ad esempio, la Regione ha pubblicato nel 2018 un elenco degli interventi consentiti in chirurgia ambulatoriale, escludendo la chirurgia estetica. Questo significa che, in alcune regioni, è possibile eseguire interventi di chirurgia estetica in ambulatori, mentre in altre non è consentito.

“Questa confusione non tutela i pazienti”, ha affermato Santanchè, evidenziando la difficoltà per i pazienti di distinguere tra strutture adeguate e quelle che non lo sono. “È essenziale che ogni struttura abbia un cartello che indichi il tipo di servizio offerto”, ha suggerito, proponendo l’idea di un elenco consultabile online delle strutture autorizzate. La mancanza di informazioni chiare rappresenta un rischio per la sicurezza dei pazienti.

La necessità di una maggiore trasparenza

Santanchè ha ribadito che la trasparenza è fondamentale per garantire la sicurezza dei pazienti. Ogni struttura dovrebbe esporre un documento che attesti il tipo di intervento che può essere effettuato. “Come i medici devono esporre la loro laurea, le strutture sanitarie dovrebbero avere l’obbligo di mostrare un certificato che indichi se sono una Day surgery, un ambulatorio chirurgico o altro”, ha proposto.

In merito al caso di Simonetta Kalfus, Santanchè ha auspicato che l’autopsia possa chiarire le circostanze della morte, che potrebbe essere dovuta a cause naturali o a complicazioni non imputabili alla struttura. “Siamo in attesa di risposte definitive”, ha concluso, sottolineando l’importanza di indagini accurate per comprendere le responsabilità.

L’attenzione su questo caso mette in luce la necessità di una revisione delle normative e di una maggiore protezione per i pazienti che si sottopongono a interventi di chirurgia estetica.

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