Foce: l’Italia si posiziona quarta nell’Unione Europea per studi clinici

L’Italia è quarta in Europa per studi clinici, ma investe solo 2,860 miliardi nella ricerca biomedica, evidenziando sfide strutturali e disuguaglianze nell’accesso ai farmaci innovativi.

L’Italia si distingue per il suo impegno nella ricerca clinica, posizionandosi al quarto posto nell’Unione Europea per numero di studi clinici, con un totale di 2.674 trial avviati dal 2022 fino ad oggi. La Spagna guida la classifica con 3.500 studi, seguita da Francia e Germania, rispettivamente con 3.362 e 2.831 trial. Tuttavia, nonostante questi risultati lusinghieri, il paese investe annualmente solo 2,860 miliardi di euro nella ricerca biomedica, una cifra considerevolmente inferiore rispetto ai 22 miliardi complessivi dedicati alla ricerca e sviluppo, pari all’1,3% del PIL. Questi dati pongono l’Italia al diciottesimo posto in Europa e tra gli ultimi a livello mondiale, con solo il 39% delle risorse provenienti da finanziamenti pubblici, mentre 1,3 miliardi arrivano da aziende farmaceutiche, principalmente per le sperimentazioni cliniche.

Il convegno di Roma e le problematiche della ricerca

Il 20 gennaio 2025, a Roma, si è tenuto un convegno organizzato dalla Foce (ConFederazione oncologi, cardiologi ed ematologi) che ha messo in luce le sfide che il settore della ricerca clinica si trova ad affrontare. Il presidente Francesco Cognetti ha sottolineato l’eccellenza italiana nella ricerca medico-scientifica, evidenziando però l’urgenza di affrontare problematiche strutturali. Tra queste, la mancanza di personale specializzato, come data manager, infermieri di ricerca e bioinformatici, rappresenta un ostacolo significativo. Cognetti ha anche criticato i tempi di approvazione delle sperimentazioni, che risultano ancora troppo lunghi, e ha chiesto una maggiore efficienza nelle procedure autorizzative e nelle approvazioni da parte dei Comitati Etici. Questi ritardi hanno un impatto diretto sulla sperimentazione indipendente, che sta subendo un forte calo, con solo il 20% degli studi oncologici su nuove molecole che è no profit.

Le sfide nella disponibilità dei farmaci innovativi

Cognetti ha evidenziato l’urgenza di rendere disponibili ai pazienti i benefici della ricerca clinica nel minor tempo possibile. Attualmente, l’accesso ai nuovi farmaci è eccessivamente lungo, superando i 500 giorni dall’approvazione da parte dell’Ema per il passaggio ai prontuari terapeutici regionali. È fondamentale accelerare i processi, in particolare per i farmaci innovativi e orfani, eliminando i piani terapeutici regionali per garantire un accesso equo a livello locale, in linea con l’articolo 32 della Costituzione. Tuttavia, la composizione del nuovo Comitato etico nazionale per le sperimentazioni cliniche non sembra promettere miglioramenti, dato che i membri attuali mostrano competenze inferiori rispetto ai loro predecessori.

La necessità di ottimizzare le risorse nella ricerca clinica

Giuseppe Ippolito, professore dell’International Medical University in Rome, ha invitato a ottimizzare le risorse disponibili, evitando sprechi e garantendo che la ricerca clinica risponda alle reali esigenze di salute dei pazienti. Ha sottolineato l’importanza di ridurre la duplicazione nella ricerca e nei finanziamenti, promuovendo una maggiore coordinazione tra le istituzioni. Sergio Abrignani, professore ordinario di Patologia generale presso l’Università di Milano, ha aggiunto che l’Italia attrae pochi finanziamenti in venture capital e che le aziende farmaceutiche locali sono più concentrate sulla produzione di farmaci di vecchia generazione, trascurando l’innovazione necessaria per la medicina di precisione.

Il ruolo degli Irccs e degli enti pubblici di ricerca

Francesco Cognetti ha messo in evidenza la frammentazione della ricerca medica in Italia, con 54 Irccs attivi sul territorio nazionale, sotto la vigilanza del Ministero della Salute. I finanziamenti pubblici sono aumentati nel 2024 a 179 milioni di euro, ma non si sono registrati incrementi nei trial condotti e nei pazienti coinvolti. La preoccupazione è che i centri di ricerca possano gestire sempre meno risorse, compromettendo la qualità della ricerca. Luisa Minghetti, direttore del Coordinamento e promozione della Ricerca dell’Istituto superiore di sanità, ha sottolineato l’importanza degli enti pubblici di ricerca nel contribuire alla biomedicina, evidenziando la necessità di una maggiore integrazione per superare la frammentarietà del sistema.

Disuguaglianze nell’accesso ai farmaci innovativi

Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, ha richiamato l’attenzione sulle disuguaglianze nell’accesso ai farmaci innovativi, che non sono uniformemente disponibili in tutti i 21 sistemi sanitari italiani. Ha sottolineato l’importanza di accelerare i processi di approvazione per garantire pari opportunità a tutte le pazienti. Cognetti ha anche menzionato il livello di eccellenza dell’oncologia italiana, con una sopravvivenza a cinque anni per il cancro che si attesta al 59% per gli uomini e al 65% per le donne.

Le patologie cardiovascolari in Italia

Ciro Indolfi, presidente della Federazione italiana di cardiologia, ha messo in evidenza che le patologie cardio, cerebro e vascolari rappresentano la principale causa di morte nel paese, con costi diretti stimati in 42 miliardi di euro all’anno. Nonostante i progressi nella riduzione della mortalità per infarto grazie all’angioplastica coronarica, le malattie ischemiche continuano a rappresentare una minaccia significativa. Indolfi ha sottolineato la necessità di potenziare la ricerca nel settore cardiovascolare, sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale e dei nuovi farmaci per ridurre il rischio cardiovascolare in Italia.

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