Ipoparatiroidismo: esperti discutono le ultime innovazioni terapeutiche

L’ipoparatiroidismo colpisce 10.589 italiani, causando sintomi neuromuscolari e cognitivi; esperti discutono nuove terapie e gestione della malattia in un evento a Milano il 15 marzo 2025.

La condizione di ipoparatiroidismo colpisce circa 10.589 italiani, manifestandosi attraverso una serie di sintomi neuromuscolari e disturbi cognitivi ed emotivi. Questa patologia endocrina è caratterizzata da un deficit nella secrezione di paratormone (PTH) da parte delle ghiandole paratiroidi, il che porta a una diminuzione dei livelli di calcio e a un aumento dei livelli di fosfato nel sangue. La maggior parte dei casi, circa il 75%, si sviluppa a seguito di danni o rimozione accidentale delle ghiandole durante interventi chirurgici alla tiroide. Altre cause includono disordini autoimmuni, fattori genetici e forme idiopatiche. Il 15 marzo 2025, a Milano, esperti del settore hanno discusso della malattia durante un media tutorial organizzato da Ascendis Pharma, analizzando vari aspetti della patologia, dall’epidemiologia alle complicanze e alle nuove prospettive terapeutiche.

Prevalenza e manifestazioni cliniche

L’ipoparatiroidismo è considerata una malattia rara, con una prevalenza stimata tra 6,4 e 37 casi ogni 100.000 persone e un’incidenza annuale compresa tra 0,8 e 2,3 nuovi casi ogni 100.000 persone. In Italia, i pazienti colpiti da questa condizione sono circa 10.589. Clinicamente, il quadro si presenta con sintomi acuti prevalentemente neuromuscolari come crampi, parestesie, spasmi muscolari e, nei casi più gravi, crisi tetaniche. Inoltre, i pazienti possono sperimentare disturbi cognitivi ed emotivi, tra cui ansia, depressione e il noto ‘brain fog’ (annebbiamento mentale). La professoressa Maria Luisa Brandi, specialista in endocrinologia e presidente della Fondazione Firmo, ha spiegato che i sintomi neuromuscolari sono causati dalla bassa concentrazione di calcio, che impedisce ai muscoli di rilassarsi. La malattia può anche portare a confusione mentale e depressione, talvolta confondendo la sintomatologia con disturbi neuropsichiatrici. Se non trattata, l’ipoparatiroidismo può causare gravi alterazioni del ritmo cardiaco, portando i pazienti a cercare assistenza in pronto soccorso.

Complicanze e gestione a lungo termine

Le complicanze a lungo termine dell’ipoparatiroidismo includono calcificazioni ectopiche nei tessuti molli, insufficienza renale e un aumento del rischio di nefrolitiasi e nefrocalcinosi. Si osservano anche alterazioni cardiovascolari, con un rischio maggiore di aritmie e disturbi della conduzione elettrica cardiaca. Inoltre, la malattia può causare alterazioni oculari, come la cataratta, e un incremento del rischio di infezioni. Il dottor Andrea Palermo, endocrinologo presso la Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma, ha sottolineato come l’ipoparatiroidismo rappresenti una malattia cronica che non solo provoca insufficienza renale, ma comporta anche una condizione di basso turnover scheletrico. L’osso diventa ipermaturo e presenta una scarsa capacità di ricambio, aumentando il rischio di fratture. Queste complicanze incidono profondamente sulla vita quotidiana dei pazienti, rendendo fondamentale un’adeguata gestione a lungo termine per prevenirle e migliorare la qualità della vita.

Innovazioni terapeutiche e prospettive future

Tradizionalmente, la gestione dell’ipoparatiroidismo si è concentrata sul controllo dell’ipocalcemia attraverso l’uso di supplementi di calcio e vitamina D attiva, senza però fornire una vera e propria terapia sostitutiva del PTH. La dottoressa Valentina Camozzi, specialista in endocrinologia presso l’Università di Padova, ha evidenziato che nella pratica clinica non è mai stato disponibile un trattamento ottimale per questa condizione, limitandosi a contrastare l’ipocalcemia. Ciò comporta per i pazienti una gestione complessa e il rischio costante di crisi ipocalcemiche, ipercalciuria e danni renali. In alcuni casi, è possibile ricorrere a trattamenti “off label” per i pazienti con forme più severe. Recentemente, è stata introdotta una terapia innovativa, la palopegteriparatide, che rappresenta un cambiamento significativo: grazie al rilascio prolungato, questa terapia mantiene stabili i livelli di calcio per 24 ore, riducendo la necessità di supplementi e migliorando la qualità della vita, oltre a contenere i rischi di danni ad altri organi.

Condivi su: