Il 21 maggio 2025, l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha pubblicato il suo Rapporto annuale 2025, offrendo un’analisi dettagliata della situazione demografica del Paese. Tra i temi trattati, emerge un’importante riflessione sull’età in cui si entra nella fase di anzianità, tradizionalmente fissata a 65 anni. Tuttavia, l’analisi dei dati suggerisce che questa soglia deve essere rivalutata alla luce dei cambiamenti nelle aspettative di vita e nelle condizioni di salute della popolazione.
La nuova definizione di anzianità
L’Istat mette in evidenza come l’aumento della longevità e il miglioramento delle condizioni di vita abbiano modificato la percezione dell’anzianità. Oggi, molte persone a 65 anni godono di buona salute, continuano a lavorare e partecipano attivamente alla vita sociale. Questo porta a considerare un approccio dinamico per definire l’ingresso nella vecchiaia, basato sulla speranza di vita residua piuttosto che su un’età anagrafica fissa. Tale metodologia, ben nota in demografia, suggerisce che per gli uomini la soglia si sposterebbe a 74 anni e a 75 anni per le donne.
Questa rivalutazione non intende minimizzare le sfide legate all’invecchiamento, ma piuttosto contestualizzare il fenomeno alla luce delle migliori condizioni di salute. È fondamentale notare che, sebbene la speranza di vita sia aumentata, non sempre questo incremento si traduce in anni di vita trascorsi in buona salute.
Il cambiamento nel profilo educativo degli anziani
Un altro aspetto significativo emerso dal rapporto riguarda il livello di istruzione della popolazione anziana. Dal 1951 ad oggi, il profilo educativo degli ultrasessantacinquenni ha subito una trasformazione radicale. Nel 1951, oltre l’80% di questa fascia di età non possedeva alcun titolo di studio, mentre nel 2021 questa percentuale è scesa al 5,9%. Oggi, circa il 62% degli anziani ha almeno la licenza media, rispetto al 15,7% di settant’anni fa. Anche i titoli di studio superiori, sebbene ancora in minoranza, hanno visto un incremento costante, passando dall’1,1% nel 1951 all’8,8% nel 2021.
Questi cambiamenti indicano un rafforzamento del capitale umano tra la popolazione anziana, con possibili effetti positivi sulla silver economy e sulla partecipazione sociale, culturale ed economica. L’aumento del livello di istruzione tra gli anziani potrebbe favorire una maggiore integrazione nella società e una partecipazione attiva nelle dynamiche economiche.
Riflessioni sul rapporto demografico
Il Rapporto annuale 2025 dell’Istat offre una visione chiara e aggiornata della demografia italiana, evidenziando come la definizione di anzianità debba essere rivista in base ai nuovi parametri di salute e aspettativa di vita. La trasformazione del profilo educativo degli anziani rappresenta un ulteriore segnale di cambiamento, suggerendo che le nuove generazioni di anziani possiedono competenze e conoscenze che possono arricchire la società. La sfida per il futuro sarà quella di garantire che il miglioramento della qualità della vita si accompagni a politiche adeguate per sostenere l’invecchiamento attivo e la partecipazione di questa fascia di popolazione.
