Al via la campagna nazionale intitolata “La fortuna costa (la sfortuna di più)”, promossa da Europa Donna Italia, con l’obiettivo di affrontare le disuguaglianze esistenti nella prevenzione del tumore al seno. Questa iniziativa, lanciata l’11 giugno 2025, si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni riguardo alle differenze nell’età di accesso allo screening mammografico in diverse regioni italiane.
Le disuguaglianze nella prevenzione del tumore al seno
In Italia, la prevenzione secondaria del tumore al seno presenta ancora notevoli disparità. Attualmente, in alcune Regioni, il programma di screening inizia a 45 anni, mentre in altre si parte dai 50. Inoltre, la fascia di età per lo screening varia: in alcune aree si arriva fino ai 69 anni, mentre in altre si estende fino ai 74. Queste differenze creano un’ingiustizia strutturale nel sistema sanitario, compromettendo le opportunità di diagnosi precoce del carcinoma mammario, il più comune nel Paese. Attualmente, oltre 2 milioni di donne in Italia non hanno accesso a questa fondamentale forma di prevenzione.
La campagna di Europa Donna Italia mira a garantire un diritto alla prevenzione equo per tutte le donne, indipendentemente dalla regione in cui risiedono. La presidente di Europa Donna Italia, Rosanna D’Antona, ha sottolineato che “la possibilità di prevenire un carcinoma mammario non può dipendere dalla fortuna“. Le disparità attuali contravvengono alle Linee guida europee, che dal 2017 raccomandano l’estensione dello screening mammografico dai 45 ai 74 anni, creando così differenze significative nelle possibilità di salute e di salvezza dal tumore al seno.
Il contesto attuale e le richieste della campagna
Oggi, in Italia, solo sei delle venti Regioni hanno adottato la piena estensione della fascia di età per lo screening, mentre molte altre sono rimaste indietro. La nota di Europa Donna Italia evidenzia che le cittadine che risiedono nelle Regioni più fortunate beneficiano di un accesso completo, mentre quelle in aree meno fortunate affrontano limitazioni significative. D’Antona ha richiamato l’attenzione sulla necessità di superare i divari regionali nella sanità, sottolineando l’importanza di garantire una copertura universale e un accesso uniforme alle prestazioni sanitarie.
Nel 2024, sono state registrate oltre 53.600 nuove diagnosi di tumore al seno, confermando la malattia come la più frequentemente diagnosticata tra le donne in Italia. Tuttavia, se il tumore viene intercettato precocemente, le prospettive di cura migliorano notevolmente. Le terapie risultano meno invasive e più efficaci, con una sopravvivenza a cinque anni che supera il 90%. Per questo motivo, lo screening mammografico è considerato un salvavita, e l’estensione della fascia di età è fondamentale per garantire una migliore qualità della vita.
L’importanza dello screening mammografico
Il programma di screening mammografico organizzato offre alle donne l’opportunità di sottoporsi a mammografie gratuite, seguendo standard di qualità e efficacia certificati. Le immagini radiologiche vengono analizzate da due radiologi indipendenti per garantire la massima accuratezza diagnostica, e i centri di screening sono collegati alle Breast Unit, strutture specializzate che assicurano una presa in carico tempestiva in caso di diagnosi.
D’Antona ha concluso affermando che ampliare la fascia di età per lo screening rappresenta un costo per il Servizio sanitario nazionale, ma non farlo equivarrebbe a un grave errore. Le conseguenze ricadrebbero principalmente sulle donne, private della possibilità di diagnosticare precocemente una malattia che, se trattata in tempo, può essere curata. Investire nella prevenzione significa evitare costi ben più elevati legati alla cura di tumori scoperti in fase avanzata, con impatti non solo economici, ma anche sociali e affettivi.
