Prevenzione o mercato delle (pseudo)malattie?

Un aspetto cruciale è il potenziale diseducativo di questi messaggi, specialmente quando provengono da figure seguite da milioni di giovani.
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Il caso sollevato dall’invito di Sfera Ebbasta a sottoporsi a un check-up del costo di 2.500 euro ha portato alla luce un tema centrale per la salute pubblica: la prevenzione. Se da un lato è essenziale promuovere la consapevolezza e l’importanza della prevenzione, dall’altro è altrettanto necessario farlo con cognizione di causa, evitando derive pericolose e diseducative. È questo l’allarme lanciato da Alberto Donzelli, medico ed esperto di sanità pubblica, che ha definito l’invito del rapper una forma di “falsa prevenzione”.

La questione non riguarda solo il costo elevato di un esame che pochi possono permettersi, ma la sua stessa appropriatezza clinica. Un check-up completo del corpo, come quello proposto dal rapper, non è un esame mirato, non risponde a una necessità clinica precisa e non è basato su sintomi o su anamnesi personali che lo giustifichino.

Ciò significa che potrebbe facilmente rilevare anomalie insignificanti – gli incidentalomi – che non hanno rilevanza medica, ma che possono creare allarmismi ingiustificati. Il rischio è quello di innescare un circolo vizioso di ulteriori esami, trattamenti o interventi invasivi che non solo sono costosi e potenzialmente inutili, ma distolgono risorse preziose dai veri problemi di salute. Questo porta con sé anche un impatto ambientale significativo, dato che questi esami producono grandi quantità di CO2, un aspetto raramente discusso nel contesto della sanità.

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La critica di Donzelli si estende anche alla deriva diseducativa che questo tipo di promozione può innescare, specialmente tra i giovani. Sfera Ebbasta, con milioni di follower, ha una notevole influenza, e i suoi messaggi sulla salute potrebbero indurre molti giovani a vedere nella prevenzione un mercato di servizi sanitari costosi e poco utili, piuttosto che un vero strumento di tutela della salute.

La prevenzione, infatti, non può essere ridotta a una mera pratica consumistica, dove chi ha più risorse economiche può permettersi esami costosi nella speranza di evitare malattie, mentre chi non può permetterseli rimane escluso da una falsa promessa di sicurezza.

L’aspetto centrale è che la prevenzione deve essere guidata da esperti e da un corretto approccio clinico, non dall’improvvisazione o dal “fai da te” promossi da personaggi pubblici. Come ha sottolineato anche Tonino Aceti, presidente di Salutequità, l’appropriatezza clinica e assistenziale deve essere il punto di riferimento.

Ogni esame o intervento preventivo deve essere giustificato da una reale necessità medica, valutata da professionisti qualificati. Diversamente, si rischia di cadere nell’eccesso di medicalizzazione e sovradiagnosi, che non solo non migliorano la salute, ma la compromettono, aumentando i costi per il sistema sanitario e riducendo l’accesso a cure realmente necessarie.

La vera prevenzione, quella efficace e utile, è qualcosa di molto diverso. Come ha spiegato Donzelli, la prevenzione primaria – quella che si occupa di evitare l’insorgenza di malattie tra persone sane – si basa su fattori come la promozione di stili di vita sani, la tutela dell’ambiente, la lotta alle disuguaglianze socioeconomiche e il contrasto ai comportamenti a rischio come il fumo, l’abuso di alcol o la sedentarietà. Questo tipo di prevenzione ha un impatto molto più significativo sulla salute della popolazione rispetto a qualsiasi screening precoce o check-up costoso.

C’è poi un altro tipo di prevenzione, quella “quaternaria”, che si occupa di proteggere i pazienti dagli eccessi della medicina stessa. Viviamo in un’epoca in cui la medicalizzazione della vita quotidiana è in costante aumento, e questo comporta il rischio di trattamenti e diagnosi non necessari.

La prevenzione quaternaria mira proprio a limitare questi abusi, proteggendo le persone da sovradiagnosi e sovratrattamenti che spesso generano più danni che benefici. È un concetto fondamentale per una medicina che vuole essere davvero al servizio del benessere della persona, piuttosto che un mercato basato sulla paura della malattia.

Il caso di Sfera Ebbasta ci ricorda quanto sia importante educare i giovani e la popolazione in generale a una corretta concezione della prevenzione. Non si tratta di sottoporsi a esami costosi senza una reale motivazione, ma di comprendere e agire sui fattori di rischio che davvero incidono sulla salute.

La promozione di uno stile di vita sano, il rispetto dell’ambiente, la lotta alle disuguaglianze sono gli elementi che costituiscono la base di una vera prevenzione, accessibile a tutti e realmente efficace.

In conclusione, se vogliamo che la prevenzione abbia un impatto positivo sulla salute pubblica, dobbiamo evitare che diventi un business o un privilegio per pochi. La salute non è un bene di lusso né uno status symbol, e deve essere difesa da chi ha le competenze per farlo.

Invitare i giovani alla prevenzione è fondamentale, ma deve essere fatto con coscienza, attraverso l’educazione e la promozione di pratiche corrette, non attraverso la sponsorizzazione di esami costosi e inutili da parte di chi non ha alcuna competenza in materia.

credit ph: Gerd Altmann da Pixabay

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